Secondo gli scienziati all’origine delle difficoltà ad addormentarsi potrebbe trovarsi un gesto molto comune, praticato un po’ da tutti noi.
In quella che qualcuno ha definito la “società della stanchezza” si dorme poco e male. I disturbi del sonno sono più diffusi di quanto si può pensare, nel nostro Paese e non solo. Stando ai dati diffusi dall’Associazione italiana medicina del sonno (AIMS) circa 13,4 milioni di italiani soffrono di insonnia e quasi la metà fa poco o nulla per risolvere il problema.
Parliamo di un fenomeno acuitosi in pandemia, durante la quale i disturbi del sonno sono addirittura raddoppiati. L’insonnia è un problema che colpisce prevalentemente le donne (sei su dieci) e un dato preoccupante è anche quello del 20% di giovani e giovanissimi che hanno difficoltà a addormentarsi.
In Italia un adulto su quattro soffre di insonnia cronica o transitoria. Cifre allarmanti sulle quali la scienza non cessa di interrogarsi. Sotto la lente dei ricercatori è finito da tempo anche un gesto comunissimo che potrebbe essere all’origine della difficoltà a prendere sonno. Ecco di cosa si tratta.
Difficoltà ad addormentarsi: potrebbe essere “colpa” di questo gesto comunissimo
Da tempo sul banco degli accusati è finita la pratica dello “scrolling” serale sullo smartphone prima di addormentarsi. L’idea è che le difficoltà a prendere sonno siano dovute alla luce blu emessa dagli schermi dei nostri telefonini, in particolare quando sono usati in tarda serata, prima di coricarsi.
La luce blu andrebbe a disturbare il cosiddetto ritmo circadiano, vale a dire l’orologio biologico che regola sonno e veglia. Ricerche più recenti mostrano però che il problema sarebbe più complicato. In sostanza la luce blu degli smartphone non può essere considerata la sola o la principale colpevole della scarsa qualità del sonno.
Una ricerca condotta dall’Università di Harvard ha analizzato gli effetti dell’esposizione alla luce blu di un e-reader su un campione di persone. I risultati parlano chiaro: anche dopo quattro ore di lettura con lo schermo al massimo dell’intensità i volontari si sono addormentati con circa una decina di minuti di ritardo rispetto al normale standard.
La luce blu dunque, pur non essendo esente da ogni responsabilità, non avrebbe poi un effetto così decisivo sulle difficoltà a prendere sonno. Stuart Peirson, neuroscienziato di Oxford, spiega che la luce naturale del giorno presenta livelli di luminosità mille volte più intensi rispetto alla luce blu emessa dagli smartphone, superata di gran lunga anche dalla luminosità artificiale delle nostre stanze.
A fare la differenza non sarebbe dunque il tipo di luce quanto l’intensità e la durata dell’esposizione. Pertanto la cosa migliore da fare sarebbe quella di ridurre l’illuminazione ambientale prima di andare a dormire. Secondo diversi studi più che la luce blu sarebbero i tipi di contenuti visualizzati sui social – fortemente coinvolgenti o stimolanti – a suscitare in noi un forte stato di eccitazione mentale.
In particolare navigare sui social o scrollare il feed può attivare la produzione di dopamina, l’ormone collegato al desiderio di piacere, in grado di indurre il nostro cervello a rimanere attivo e a cercare nuovi stimoli. Come è facile capire, si tratta di una condizione che mal si concilia col rilassamento che dovrebbe precedere il riposo.