L’inflazione è in calo, ma qual è il rapporto che questa ha con il mercato azionario e come incide sulla nostra spesa quotidiana?
Il rapporto tra inflazione e mercato azionario non è semplice da comprendere, essendo determinato da infinti fattori. Si tratta di un processo complicato e che comporta una serie sterminata di effetti sulle azioni, nel breve e nel lungo termine. Ma che cos’è, esattamente, l’inflazione? Si tratta di un’unità che misura il tasso con cui il denaro perde potere d’acquisto nel corso del tempo.
Dunque il denaro, o meglio, la moneta, costituisce un’unità di misura, poiché rappresenta un valore e un mezzo di scambio da utilizzare sui mercati per la compravendita. Si tratta di una riserva di valore, e come ogni riserva il suo valore oscilla costantemente nel tempo, dipendendo dal livello dei prezzi. Se i prezzi sono inflazionati, il suo valore diminuisce, quindi perde potere di acquisto.
Ovviamente, non abbiamo soltanto il denaro come riserva di valore, ma anche altri asset, come immobili, azioni e obbligazioni. Tuttavia, questi ultimi, per poter avere un valore esatto, devono essere prima convertiti in moneta, per poter essere scambiati con altri beni e servizi. Negli anni, i prezzi di ogni prodotto al mondo aumentano, e l’aumento di prezzo è determinato proprio dall’inflazione.
L’inflazione si adatta al tempo corrente, salendo di anno in anno. Confrontando i prezzi dei prodotti più comuni negli ultimi decenni, ci rendiamo conto dell’incremento di prezzo. Ad esempio, se trenta anni fa il pane costava 0,54 euro (parlando in Euro, con la valuta corrente), oggi vale 1,08 euro, avendo subito un aumento del 100%. I beni generici hanno subito un incremento del 126%, così come le azioni UK (FTSE) salite addirittura del 736%, passando da 100 euro a 836 euro.
L’inflazione comporta effetti negativi, perché fa diminuire il potere di acquisto delle singole famiglie, scatenando una perdita di reddito reale, ossia il reddito misurato in relazione ai beni e ai servizi disponibili. Dunque, l’unico modo per adeguare il potere di acquisto all’inflazione è quello di aumentare i salari, cosa che in Italia non è mai stata fatta negli ultimi trenta anni. I nostri stipendi medi, infatti, restano congelati al 1991, uno scandalo unico in Europa.
Quando il tasso dell’inflazione è stabile, invece, significa che è correlato a una bassa disoccupazione. Ciò determina maggiori investimenti, incremento della domanda di beni e di servizi da parte dei consumatori, i quali hanno maggiore potere di acquisto. Secondo gli economisti, un basso tasso d’inflazione, compreso tra l’1% e il 3%, è necessario per il successo delle politiche monetarie.
Avere prestiti a tasso fisso, in caso di inflazione, è sicuramente vantaggioso. Lo vediamo ad esempio con i mutui sulle case, con i tassi variabili che possono subire notevoli incrementi in poco tempo e sono maggiormente rischiosi in tempo di crisi. Per chi investe, le azioni possono offrire una protezione dall’inflazione nel lungo termine. Significa che il valore monetario di un’azione può rivalutarsi quando l’inflazione aumenta.
Nel breve periodo, invece, se l’inflazione aumenta, il prezzo delle azioni diminuisce, o se l’inflazione diminuisce, il prezzo delle azioni aumenta. Dunque, si ha un effetto negativo dell’inflazione sulle azioni a breve termine. Occorre sempre proteggersi dall’inflazione, puntando su un portafoglio di azioni ben diversificato, oppure acquistando i beni rifugio, come l’oro, o investendo sugli immobili, i cui investimenti sono simili a quelli delle azioni.
Fortunatamente, l’inflazione è in calo in tutta Europa, e ciò fa respirare le economie del Vecchio Continente. In Italia, il tasso di inflazione annuale è salito all’1,4%, in linea con le aspettative del mercato, restando al di sotto della media egli altri membri dell’Eurozona dopo l’impennata dei prezzi legati all’aumento del costo dell’energia.
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