Sinner come Maradona: una teoria interessante che nasce anche dalle parole di un grande numero 1 del passato
Ci sono battute tagliate che servono per un ace e poi ci sono quelle, taglienti, che possono servire per attaccare o per difendere un collega-avversario. La frase dell’ex numero uno del tennis mondiale appartiene forse ad entrambe le categorie.
Già, perché Andy Roddick l’ha piazzata davvero bene e il risultato è praticamente quello di un ace: “Sinner è il miglior giocatore sulla terra e il peggior dopato di sempre”. Detto così, suona quasi come un’accusa, ma in realtà è l’esatto opposto. Con sarcasmo, l’americano ha voluto ribadire quanto le accuse di doping rivolte a Jannik Sinner, a seguito del caso Clostebol, siano completamente senza senso.
Un’ironia che, per certi versi, ci riporta a un altro caso celebre: quello di Diego Armando Maradona. Per quanto le storie siano diverse e le epoche distanti, il pregiudizio contro i grandi talenti – che siano tennisti o calciatori – sembra non conoscere confini.
Il caso di Jannik Sinner è paradossale e basta vederla come Roddick per rendersene conto. Il tennista italiano è risultato positivo al Clostebol, una sostanza vietata trovata in una crema spalmata per errore dallo staff medico. La particolarità? Come sottolineato anche dalla sentenza del tribunale indipendente dell’ITIA, il Clostebol non migliora in alcun modo le prestazioni atletiche. Semplicemente, non serve a nulla per chi vuole correre più veloce o colpire più forte.
Proprio questo è il punto su cui Roddick ha ironizzato nel suo podcast Served with Andy Roddick: “Se Sinner avesse preso consapevolmente una sostanza che non migliora le prestazioni, allora meriterebbe una squalifica più grande. Solo per stupidità!”. Il messaggio è chiaro: il tennis non ha davanti un caso di doping classico, ma un incidente che, più che macchiare, dovrebbe spingere a riflettere sulla rigidità delle regole.
In sostanza, molto semplicemente: punire un atleta per un miliardesimo di grammo di qualcosa che non gli ha dato alcun vantaggio sembra più una farsa che giustizia.
Eppure, questo pregiudizio verso i grandi talenti non è nuovo. Per certi versi, il caso Sinner richiama alla mente quello di Maradona, il genio argentino che fu trovato positivo alla cocaina, una sostanza che, ironicamente, tutto fa tranne che migliorare le prestazioni sportive.
Naturalmente vanno fatti tutti i distinguo del caso. Se per Sinner si è trattato di un’assunzione involontaria legata a un errore del suo staff medico, per Maradona la questione era diversa: la cocaina era un vizio conclamato, un’assunzione volontaria per un’abitudine che l’ha distrutto, come uomo e come sportivo. Ma il parallelismo, per chi sa leggere tra le righe, sta altrove: in entrambi i casi, il pregiudizio è servito a giustificare l’inarrivabile superiorità di questi campioni. “Sono più forti degli altri? Devono avere un trucco, qualcosa di illecito”. Come se il talento e il duro lavoro non fossero una spiegazione sufficiente.
La questione è tanto semplice quanto ignorata: il doping, per definizione, implica l’uso di sostanze che migliorano le prestazioni sportive. Se non c’è miglioramento, non c’è doping. E questo è vero sia per Sinner che per Maradona che per chiunque altro nella stessa situazione. La cocaina, nel caso del Pibe de Oro, era una zavorra che peggiorava le sue capacità, mentre il Clostebol nel caso di Sinner è stato un puro incidente, senza alcun impatto sulla sua performance.
Ma il pregiudizio è duro a morire. Così come Maradona fu visto da molti come un “dopato” per giustificare la sua superiorità in campo, oggi Sinner rischia di essere bollato per un errore che non avrebbe mai dovuto essere rilevante. Come sottolinea Roddick, “Cosa stiamo cercando di risolvere? Tutti gli scienziati ci dicono che queste sostanze non migliorano le prestazioni”. Allora perché insistere su questioni che non hanno nulla a che fare con la competitività o la giustizia sportiva?
Il caso di Sinner ci ricorda una lezione che forse non impareremo mai: i grandi campioni non hanno bisogno di sostanze per essere ciò che sono. La loro grandezza sta nel talento, nella dedizione e nella capacità di superare i limiti. Se Maradona ci ha insegnato che si può essere il migliore nonostante i propri demoni, Sinner ci mostra che anche l’errore più banale può diventare un’arma nelle mani dei detrattori.
E allora viene da chiedersi: cosa ci costa essere un po’ più onesti intellettualmente? Forse, basterebbe un briciolo di logica – e un pizzico di umanità – per riconoscere che, in questi casi, parlare di doping è semplicemente ridicolo.
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